Il portale dell’inferno
Il portale, i portali: le criticità, la necessità di interlocuzione, di un iniziale doppio binario e di soluzioni applicabili in modo uniforme su tutto il territorio nazionale. Il documento dell’Osservatorio informatizzazione del processo penale
La possibilità per i difensori di depositare atti penali attraverso strumenti telematici è stata soluzione proposta anche dall’Unione, al fine di contribuire a ridurre gli accessi alle segreterie ed alle cancellerie, in particolare al tempo dell’emergenza pandemica.
Con la Legge 176/2020 il Legislatore ha provato a dare attuazione a questi intendimenti ma la tecnica normativa, ed una buona dose di precipitazione, hanno finito per fornire risposte incomplete alle domande provenienti sia dagli Uffici Giudiziari che dagli operatori.
La lettura della norma di riferimento, l’art. 24, evidenzia immediatamente il forzoso strabismo con cui il Legislatore si è dovuto approcciare al problema: da un lato, infatti, aveva le Procure già dotate di alcuni strumenti mentre, dall’altro, c’era il deserto tecnologico costituito dai Tribunali e dalle Corti di Appello.
La fisiologica conseguenza è stata l’incapacità di mettere a fuoco tutte le criticità che un balzo in avanti di anni, fatto in pochi giorni, poteva presentare.
Il deposito degli atti attraverso il Portale
Il nodo centrale riguarda l’esclusività del mezzo (peraltro sancita con Decreto Ministeriale in spregio alla gerarchia delle fonti).
Alcune Procure mediante circolari (ulteriore sottolivello normante) hanno legittimato modalità alternative in caso di –dimostrato- malfunzionamento del sistema.
Iniziano anche a vedere la luce “protocolli” locali per la gestione dei casi di mancata possibilità di deposito attraverso il portale.
Queste iniziative favoriscono il perpetuarsi del fenomeno del “federalismo giudiziario” che si è particolarmente diffuso all’indomani dell’inizio del disastro pandemico e che, se ha avuto ragione di esistere per la salvaguardia della giurisdizione nell’immediatezza dell’attuazione del primo lockdown, deve oggi essere assolutamente abbandonato in favore di chiare e semplici norme indistintamente attuabili sull’intero territorio nazionale.
Le disfunzioni sono a volte di natura tecnica, molto spesso di natura umana poiché necessariamente il portale si misura con il personale amministrativo, non sempre formato ed indirizzato a correttamente operare.
Non è accettabile che la salvezza di atti (alcuni con un portato assai alto in tema di conseguenze possibili) sia rimessa ad un sistema senza rete.
E’ necessario, perciò, che venga emanato un provvedimento (almeno di pari grado rispetto al citato DM) che uniformi la possibilità di procedere ai depositi con forme alternative, più tranquillizzanti e certe, quantomeno per un periodo che consenta ad operatori ed avvocati di misurarsi con le novità e con i quotidiani intoppi che il sistema dissemina sul cammino del deposito di un atto.
L’atto cd “abilitante”
Con nota del Direttore del DGSIA del 5/2/2021 è stato comunicato -tra l’altro- che il deposito dell’atto di nomina precedente alla fase di conclusione delle indagini preliminari deve essere accompagnato da un atto cd. abilitante “da cui risulti la conoscenza dell’esistenza di un procedimento a carico del proprio assistito o nel quale il soggetto difeso sia parte offesa”.
Con successivo provvedimento del medesimo Direttore del DGSIA del 24/2/2021 è stata data definizione di questo “atto abilitante” quale “atto da cui risulti la conoscenza dell’esistenza di un procedimento relativo al proprio assistito e il relativo numero di Registro”.
Si tratta di evidente anomalia procedurale, palesemente ed esclusivamente funzionale alla strutturazione del sistema, che di fatto impedisce il deposito -e quindi anche il corretto ed immediato esercizio del diritto di difesa- della nomina, in tutti quei casi in cui l’indagato sia a conoscenza del procedimento ma non anche del numero di iscrizione.
La previsione quale “atto abilitante” del certificato ex art. 335 cpp appare come artificio per superare una criticità intrinseca del sistema e rappresenta comunque un ostacolo alla immediata attività defensionale in virtù dei diversi tempi (spesso lunghi) e modalità di rilascio della predetta certificazione in uso da Procura a Procura.
Il deposito degli atti mediante PEC
La principale problematica risiede nella individuazione dell’indirizzo PEC corretto.
Il DGSIA ha fornito un elenco di caselle di posta certificate ed i singoli uffici le hanno destinate ai vari depositi consentiti; purtroppo solo pochi siti istituzionali (Procure, Tribunali e Corti) riportano l’informazione in maniera chiara e non è possibile affidarsi ad informazioni telefoniche (peraltro molti uffici non rispondono).
A ciò si aggiunge una –drammatica– ignoranza delle novità legislative e delle possibili conseguenze che comportano, da parte delle cancellerie e, in alcuni casi, anche della magistratura (soprattutto giudicante) che pare aliena rispetto alla rivoluzione in atto ed incline a trattare queste tematiche come “affari di cancelleria”.
Riteniamo indispensabile una maggiore sensibilizzazione ed una consapevolezza delle difficoltà e dei rischi possibili che passi, anche in questo caso, da un’uniformità di gestione.
In primis è necessario che le assegnazioni degli indirizzi PEC per i depositi vengano inserite su un unico sito istituzionale al fine di cristallizzarne le corrette attribuzioni.
E’ altresì essenziale che venga chiarito che l’invio ad indirizzo diverso da quello specificamente individuato come deputato a quella specifica attività (ovviamente indirizzo ricompreso tra quelli indicati nell’elenco delle caselle PEC degli Uffici Giudiziari allegato al provvedimento del DGSIA del 9 novembre 2020) non sia da considerarsi causa di inammissibilità o di irricevibilità dell’atto.
Le impugnazioni cautelari
L’art. 24 comma 6 quinquies ultima parte reca una evidente omissione lì dove per il deposito delle impugnazioni cautelari -a pena di inammissibilità- fa esclusivo riferimento all’indirizzo PEC dell’Ufficio indicato dall’art. 309 comma 7 cpp (notoriamente la sede del Tribunale del Riesame per le misure personali) e non anche all’art. 324 comma 5 cpp (che individua la competenza del Tribunale del capoluogo di Provincia nella quale ha sede l’ufficio che ha emesso il provvedimento il giudice competente per le misure reali).
L’accesso ai fascicoli e l’estrazione delle copie
L’obiettivo centrale di una corretta informatizzazione del processo penale non dovrebbe essere esclusivamente legato al deposito – nel rispetto delle norme codicistiche – di qualsiasi tipo di atto, ma dovrebbe riguardare anche l’accesso ai fascicoli e l’estrazione di copie.
Il sistema TIAP, seppur presente ed attivo su tutto il territorio nazionale, in molte realtà stenta a decollare.
In ogni caso, per come concepito, allo stato obbliga la consultazione del fascicolo utilizzando computer messi a disposizione degli avvocati dagli uffici giudiziari.
Alcuni di questi, peraltro, non consentono la selezione degli atti e documenti di cui richiedere copia ma costringono il difensore a chiedere l’intero fascicolo con inutile aggravio di costi.
Sarebbe opportuno che sin da subito vengano resi noti gli scenari dell’immediato futuro e se, ad esempio, è stato già immaginato un sistema che consenta agli avvocati l’augurabile possibilità di consultare i fascicoli ed estrarre copia dal proprio Studio.
In questa prospettiva si colloca l’auspicio anche di un ripensamento del sistema di pagamento delle copie: i costi per questo essenziale passaggio dell’esercizio del diritto di difesa sono al momento ancorati ad un modello che appare ampiamente superato (quello del conteggio delle pagine ovvero dei supporti informatici da duplicare) e, soprattutto nel secondo caso, insostenibile per molti di talché si può dire che oggi può permettersi una difesa compiuta o chi è molto ricco o chi è molto povero (ed è ammesso al Patrocinio a Spese dello Stato).
Consentire l’estrazione delle copie ai difensori potrebbe azzerare tali costi o comunque abbassarli sensibilmente magari prevedendo che esse vengano prenotate “a debito” ed inserite tra le spese processuali da pagare esclusivamente in caso di condanna.
Il sistema di consultazione SIUS
Dal 1° febbraio 2021 è attivo, per tutti i distretti, il servizio di consultazione – “SIUS – Avvocati” – dei registri di sorveglianza da parte degli avvocati regolarmente censiti quali difensori dei soggetti iscritti nei predetti registri.
E’ una funzionalità indubbiamente interessante perchè consente di verificare lo stato di un fascicolo senza doversi sobbarcare defatiganti attese presso le cancellerie.
Purtroppo sono visibili esclusivamente i dati ed i provvedimenti ma non anche gli atti del fascicolo.
Ciò rende ancora irrinunciabile la consultazione -con tutte le note difficoltà- del cartaceo.
Anche per questo applicativo è perciò auspicabile un’implementazione finalizzata a ridurre gli accessi agli uffici ed alla conseguente razionalizzazione del loro lavoro.
Il SIAMM
L’art. 37 bis del DL 16 luglio 2020 n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020 n. 120, ha introdotto (e regolato) la modalità di deposito telematico delle istanze di liquidazione dei compensi spettanti al difensore della persona ammessa al Patrocinio a spese dello Stato ed al difensore d’ufficio ai sensi del DPR 115/2002 stabilendo che esse siano depositate presso la cancelleria del magistrato competente esclusivamente mediante modalità telematica individuata e regolata con provvedimento del Direttore del DGSIA.
Operativamente parlando ciò significa che il difensore deve provvedere al deposito dell’istanza prima dell’udienza di discussione per permettere che si continui a dare corretta attuazione a quanto già disciplinato dall’art. 1 comma 783 della L. 208/2015 con il quale si è prevista la contestualità tra la pronuncia del decreto di liquidazione ed il provvedimento che chiude la fase cui si riferisce la richiesta.
Anche qui -in virtù della diversa organizzazione e struttura degli uffici giudiziari- si è creata una babele di usi e protocolli per permettere di gestire l’evidente mancato coordinamento tra le norme dal momento che non esiste un unico sistema per la tempestiva trasmissione delle istanze al giudice che deve decidere della liquidazione.
E’ chiaro a tutti che la strada sia ormai segnata e che nessuno abbia intenzione di tornare indietro ma per riuscire a percorrerla senza pericolosi incidenti è necessario un periodo di rodaggio della macchina che passi per la possibilità -per un periodo ragionevole- di alimentarla anche secondo i canali tradizionali e la previsione di un tagliando del motore normativo per la sostituzione dei componenti evidentemente difettosi.
Roma, 1° marzo 2021
L’Osservatorio informatizzazione del processo penale